Più piccole, più fragili e con una minore capacità di sopravvivenza, ma orientate verso l’ innovazione. E’ quanto emerge dal V Rapporto sull’imprenditoria femminile, realizzato da Unioncamere in collaborazione con il Centro studi Tagliacarne e Si.Camera.
Secondo Unioncamere, la ripresa post pandemia ha convinto un ulteriore 14% di imprese femminili ad iniziare ad investire nel digitale (a fronte dell’11% delle aziende maschili) e un 12% a investire nel green (contro il 9%). A queste si aggiunge, in misura equivalente alle imprese non femminili, un 31% di aziende che ha aumentato o mantenuto costante gli investimenti in tecnologie digitali in questi anni, e il 22% che ha fatto altrettanto nella sostenibilità ambientale (contro il 23% delle altre imprese). Le donne d’impresa, quindi, si sono lanciate nella duplice transizione che le politiche europee sostengono con forza e che rappresenta il core del PNRR italiano. Ma non senza difficoltà. La metà delle imprese femminili, infatti, ha interrotto gli investimenti o addirittura esclude di volerli avviare nel prossimo futuro.
A fine giugno 2022, l’esercito delle imprese femminili conta un milione e 345mila attività, il 22,2% del totale delle imprese italiane. Questo universo ha caratteristiche proprie rispetto alle imprese gestite da uomini: una maggior concentrazione nel settore dei servizi (66,9% contro il 55,7%), minori dimensioni (il 96,8% sono micro imprese fino a 9 addetti, contro il 94,7% delle maschili), una forte diffusione nel Mezzogiorno (il 36,8% delle imprese guidate da donne opera in queste regioni, contro il 33,7% delle non femminili). Le analisi effettuate mostrano anche che le imprese femminili hanno una minore capacità di sopravvivenza: a tre anni dalla loro costituzione, restano ancora aperte il 79,3% delle attività guidate da donne, contro l’83,9% di quelle a guida maschile e, dopo cinque anni, la quota delle imprese femminili che sopravvivonoè del 68,1%, contro il 74,3% delle altre.
Più giovani donne, però, scelgono la via dell’impresa: le imprese giovanili femminili sono il 10,5% del totale delle aziende condotte da donne, mentre l’imprenditoria giovanile pesa il 7,6% sull’insieme delle imprese maschili. Fondare una impresa rappresenta anche una via importante di integrazione sociale ed economica e questo vale ancora di più per le donne. Le imprenditrici di origine straniera sono infatti percentualmente più numerose: tra le imprese femminili, quelle guidate da straniere sono l’11,8%, a fronte del 10,4% di quelle condotte da uomini.
Nel secondo trimestre 2022, rispetto allo stesso periodo del 2021, il numero delle imprese femminili è rimasto sostanzialmente stabile, crescendo di 1.727 unità (+0,1%).
Il confronto con lo scorso anno mostra un incremento delle imprese femminili soprattutto nell’industria (+0,3%) e nei servizi (+0,4%), tra le società di capitali (+2,9%), nel Mezzogiorno (+0,6%), tra le imprese straniere (+2,6%).
Fonte: Comunicato Unioncamere
Commento di CNA Veneto
“I dati emersi dal V rapporto di Unioncamere sono in linea con la spinta dell’imprenditoria, e non solo femminile, di andare verso l’innovazione che sosteniamo con forza – commenta Rosy Silvestrini – Presidente CNA Impresa Donna Veneto -. Il PNRR ci ha messo di fronte ad una sfida da cogliere e se vogliamo che rappresenti una grande opportunità di crescita, l’inclinazione delle imprenditrici ad accelerare sul digitale e sul green, ad investire sulle tecnologie 4.0, a migliorare la propria formazione, deve però essere supportata sia dal punto di vista finanziario che organizzativo con percorsi che forniscano linee guida e aiutino a snellire e a velocizzare le procedure burocratiche”.