Home restaurant, la Regione Veneto chiarisce le regole

CNA Veneto: «Rispettino gli stessi standard di igiene e sicurezza dei ristoranti»

Home restaurant e home food, la Regione Veneto chiarisce le regole scrivendo a CNA Veneto e alle altre associazioni. La Direzione Industria Artigianato Commercio ci restituisce alcuni criteri di indirizzo interpretativo in merito alle due tipologie di attività.

Non meno di un anno fa come CNA Ristorazione Veneto, insieme alle altre associazioni artigiane, abbiamo presentato delle osservazioni unitarie su home restaurant e home food, su richiesta della Regione stessa, esprimendo le nostre preoccupazioni affinché queste attività rispettino tutti gli standard minimi di igiene e sicurezza a cui sono obbligati i ristoratori.

Riportiamo di seguito il testo integrale del documento, che è possibile scaricare dalla parte sottostante l’articolo.

“A seguito di molteplici quesiti pervenuti si rende necessario fornire alcuni criteri di indirizzo interpretativo in ordine alle attività di home restaurant e home food, ovverosia di quelle attività, rispettivamente di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande e di preparazione di cibi svolte all’interno delle mura domestiche.
Per quanto concerne l’home restaurant si evidenzia che ad oggi, in assenza di una specifica disciplina trovano applicazioni le vigenti disposizioni in materia di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande di cui alla legge regionale 21 settembre 2007, n. 29 e successive modificazioni.

Condividendosi l’orientamento formulato dal Ministero dello Sviluppo Economico (ora Ministero per le Imprese e il Made in Italy) con l’allegata risoluzione n. 493338 del 6 novembre 2017 l’operatore interessato è tenuto a presentare allo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) del Comune competente apposita segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), qualora l’attività ricada nell’ambito di zone non soggette a tutela secondo la programmazione comunale di settore, oppure una richiesta di autorizzazione, qualora l’attività ricada nell’ambito delle predette zone, dichiarando il possesso dei requisiti necessari ai fini dell’esercizio dell’attività medesima.
In particolare, è necessario dichiarare il possesso dei requisiti morali e professionali previsti dall’articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e successive modificazioni.
In assenza, altresì, di specifiche disposizioni normative di carattere derogatorio sul piano urbanistico ed edilizio, quali possono desumersi, a titolo esemplificativo, dall’articolo 16 della legge regionale 10 agosto 2012, n. 28 e successive modificazioni in materia di disciplina dell’attività agrituristica, l’attività di home restaurant dovrà essere svolta, per l’appunto, nel rispetto delle norme urbanistiche ed edilizie comunali, con particolare riferimento alle norme relative alla destinazione d’uso dei locali, come previsto dagli articoli 8, comma 8, 8-bis, comma 4 e 9, comma 3, lettera c) della legge regionale n. 29 del 2007.
Rimane, altresì, fermo il rispetto delle norme igienico-sanitarie, per le quali si rinvia, tra l’altro, alle disposizioni di cui alla deliberazione della Giunta regionale n. 394 del 31 marzo 2020 “Aggiornamento delle procedure di notifica e registrazione ai sensi del regolamento CE n. 852/2004 ed introduzione della comunicazione ai sensi del D.Lgs. n 29/2017. Modifica alla D.G.R. n.3710 del 20 novembre 2007”.
Si precisa, con l’occasione, che la previsione relativa all’attività di home restaurant nell’ambito della modulistica prevista dal portale telematico www.impresainungiorno.gov.it rileva ai soli fini della notifica sanitaria ai sensi della vigente normativa e non costituisce titolo abilitativo all’esercizio dell’attività.
In coerenza con quanto formulato dal Ministero dell’Interno con l’allegata risoluzione n.
557/PAS/U/015816 del 14 ottobre 2016, per l’attività di home restaurant non è applicabile la disciplina in materia di sorvegliabilità dei locali adibiti a somministrazione di alimenti e bevande, di cui al decreto ministeriale n. 564 del 17 dicembre 1992; l’attività rimante tuttavia assoggettata agli ordinari controlli e agli eventuali poteri sanzionatori e interdittivi delle autorità di pubblica sicurezza, comuni a tutti gli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande.

Per quanto concerne l’attività di impresa alimentare domestica (IAD), o home food, intesa quale
attività di preparazione, in cucina domestica, di alimenti e bevande destinati alla vendita, si configura come attività di impresa artigiana che può essere svolta anche nella propria abitazione, in conformità con quanto previsto dalla normativa nazionale in materia di artigianato di cui alla legge n. 443 del 1985, con conseguente obbligo di iscrizione all’albo delle imprese artigiane.
È pertanto da escludersi ogni riferimento all’attività non professionale svolta da persone fisiche, in quanto, per definizione normativa, colui che esercita la suddetta attività di preparazione alimenti e bevande svolge ex se attività di impresa.
Trattandosi, pertanto, di attività di impresa artigiana, nelle more dell’approvazione di uno specifico apparato sanzionatorio disciplinato sul piano nazionale, non trovano applicazione le disposizioni in materia di commercio, ivi incluse le disposizioni sanzionatorie di cui al decreto legislativo n. 59 del 2010.
In ragione di quanto sopra osservato, si intende chiarire che per lo svolgimento dell’attività di impresa alimentare domestica (IAD) non è necessaria la previsione di una SCIA, essendo sufficiente la sola notifica sanitaria ai fini dei controlli da parte delle competenti autorità delle norme igienico-sanitarie previste, per le quali si rinvia, tra l’altro, alle disposizioni di cui alla citata deliberazione della Giunta regionale n. 394/2020.
Resta inteso che tale attività dovrà svolgersi nel rispetto delle previsioni urbanistiche ed edilizie vigenti nel Comune interessato, con particolare riferimento alle norme relative alla destinazione d’uso dei locali domestici”.

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