La nuova direttiva europea sull’efficientamento energetico – Casa Green – prevede l’abbattimento drastico delle emissioni di CO2 entro il 2030. La proposta al vaglio dell’Europarlamento stabilisce che entro quella data tutti gli immobili residenziali dovranno obbligatoriamente rientrare nella classe energetica E ed, entro il 2033 nella classe energetica D. Tale direttiva sta a significare un taglio dei consumi energetici del 25%con lavori importanti quali cappotto termico, infissi, caldaie, ecc. per giungere, nel 2050 allo status di emissioni Zero.
In Italia gli edifici ad uso residenziale sono 12.420.0000, pari a quasi 32 milioni di abitazioni; il patrimonio edilizio italiano sia dal punto di vista costruttivo che dal punto di vista storico-architettonico, è assai vetusto: nella media ha più di 45 anni, o è stato costruito nel periodo antecedente l’entrata in vigore della legge 30 marzo 1976, (n.373, “Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici”). A conti fatti, se passasse la proposta di direttiva così come è stata presentata senza alcuna modifica sulle tempistiche e sul “balzo” di classi energetiche richiesto, le stime parlano di oltre 9 milioni di edifici residenziali che necessariamente dovrebbero essere ristrutturati entro soli 7 anni.
«Una prima riflessione va fatta senz’altro sul termine ‘transizione’, un cambiamento che non può attuarsi da un momento all’altro, ma che necessita di un percorso di accompagnamento – riflette il Presidente CNA Veneto Moreno De Col –. Teniamo presente quanto sta accadendo con il Superbonus che se di fatto ha dato un favorevole impulso alla ripartenza del comparto edile, ha senz’altro portato con se moltissime problematiche per le quali sono ancora lontane le soluzioni. Ora che questa misura fiscale sta mostrando i limiti relativamente all’aggiornamento del patrimonio immobiliare e si stanno riducendo le sue applicazioni, viene richiesto un ‘balzo’ che il nostro sistema casa attualmente non è in grado di fare. È evidente che un’operazione del genere in un lasso così breve di tempo necessita di un sostegno importante di fondi pubblici che sostengano gli italiani in questa transizione ecologica.
Una seconda questione riguarda le peculiarità costruttive dei vari paesi. L’Europa deve tener conto delle differenze costruttive e ambientali, diverse per quanto riguarda i paesi del Nord da quelli del Sud del continente, ove prevalgono borghi e città storiche. Visto e considerato che si prevede un intervento personalizzato da parte dei vari Stati, va da sé che l’Italia dovrà adottare e condividere una propria strategia con le istituzioni e con gli operatori del sistema casa, che preveda in primis un ragionamento da parte del Governo sulle eventuali modifiche della direttiva e a seguire una attenta condivisione con gli operatori del settore.
È necessario ricalibrare gli step abbassando un po’ l’asticella, raccomandando all’Europa di tenere presenti le differenze del nostro patrimonio costruttivo, grazie al lavoro e alla mediazione dei nostri parlamentari ai quali chiediamo una azione ferma per contenere e accompagnare il Paese in questo percorso.»
«Sta verificandosi quanto è già accaduto, e sta accadendo, sul tema delle auto elettriche e sulla ridefinizione del settore automotive entro il 2035 – aggiunge il Segretario CNA Veneto Matteo Ribon –, con il distinguo che questa direttiva pare più simile ad una tagliola che sta per abbattersi sulle famiglie italiane: l’Europa ci chiede un ‘balzo’ di due o più classi energetiche in soli 7 anni per tutto il patrimonio edilizio – storico, artistico o anche solo vetusto – del nostro Paese, pari a oltre 9 milioni di edifici. Basti considerare le difficoltà nelle quali già si trovano moltissimi proprietari di edifici ad uso unifamigliare con lo stop del Superbonus per le villette, il blocco della cessione dei crediti, la difficoltà di reperimento materiali, l’aumento esorbitante dei costi, le imprese che non sono più in grado di portare a compimento i lavori. È evidente che non siamo in grado, né dal punto di vista economico dei proprietari, né dal punto di vista dell’impegno richiesto alle imprese, di ottemperare in così poco tempo a questa direttiva.»