Già con l’ultimo trimestre del 2021 si erano verificati aumenti nei costi di farine e prodotti di panificazione dovuti alla difficoltà di reperimento delle materie prime. Ma se il Panettone natalizio è costato di più, la Colomba pasquale davvero sarà molto più ‘salata’ per quanto riguarda i rincari. Alla difficilissima situazione legata a due anni di difficoltà lavorative per il Covid, si aggiunge la drammatica guerra Russia-Ucraina che sta devastando il cosiddetto “granaio d’Europa”. Grano, mais, olio di girasole, fertilizzanti addirittura triplicati nel prezzo: siamo solo agli inizi per quanto riguarda i rincari. Anche in considerazione che in questi mesi nei territori ucraini non si può procedere alla semina e quindi non ci saranno raccolti, sebbene Kiev assicuri di puntare a raggiungere comunque il 70% del raccolto rispetto al 2021. Tuttavia, i tempi lunghi nei quali si dipana questo conflitto, non sono rassicuranti.
Secondo i dati Ismea relativi alla congiuntura Agroalimentare del IV trimestre 2021, la Russia rappresenta circa il 20% dell’export globale del grano tenero, l’Ucraina il 10% del grano tenero e il 15% del mais. Questo conflitto si traduce in uno stop ai mercati pari ad un 30% del grano tenero e appunto ad un 15% del mais che sono già aumentati: nella seconda settimana di marzo hanno raggiunto valori record rispettivamente di 398,82 euro/tonnellata (+27,8% rispetto a febbraio) e 402,38 euro/t il mais (+43,4%).
Dal punto di vista delle esportazioni del nostro Paese, per quanto riguarda cibi e bevande nel 2021 abbiamo raggiunto la quota record di 52 miliardi di euro, con un rimbalzo del +18,2% sul 2020: risultato positivo per le esportazioni alimentari e per la componente agricola. I paesi che più apprezzano – e comprano – i prodotti agroalimentari del Made in Italy sono Germania (+8,2%), Francia (+7,8%) e Stati Uniti (+15% su base annua). Anche la Cina nel 2021 ha aumentato il volume di acquisti dal nostro Paese del +26% su base annua. Un capitolo a parte è segnato dal nostro Prosecco che da solo vale un export di 7,1 miliardi di euro e che ha registrato, sempre secondo i dati Ismea, un record storico nel 2021 con una crescita del +32%.
Se i segnali positivi con la fine del 2021 c’erano tutti, la situazione attuale nei paesi dell’Est europeo certamente segnerà una battuta d’arresto e soprattutto un aumento dei prezzi che inevitabilmente si ripercuoterà sul portafogli degli italiani. Secondo l’analisi del Centro Studi CNA, a penalizzare artigiani e consumatori è la strutturale dipendenza dell’Italia dalle forniture estere di grano duro, tenero e mais, che viene acquistato rispettivamente in percentuali del 60%, del 35% e del 53%.
È presto detto. Conti alla mano, lieviteranno i prezzi per il consumatore: un ulteriore +10% per la pasta (già nello scorso anno si erano registrati aumenti di un altro 10%); +38% per la farina di grano tenero e addirittura +100% per la farina di grano duro. Rincari ai quali vanno aggiunti anche quelli relativi a trasporti e packaging che sono stati calcolati in un ulteriore +30%. Senza dimenticare i costi energetici per l’utilizzo di forni e quant’altro che hanno raggiunto addirittura un +300%. Sia comprare i prodotti per cucinare in casa che andare a festeggiare la Pasqua al ristorante costerà alle famiglie almeno un 10% in più, stimato in circa 300 euro in più, tra aumenti di frutta e ortaggi freschi (+28%); carne e uova (+21%).
«La difficilissima situazione ulteriormente aggravata dal conflitto Russia-Ucraina – afferma il Presidente CNA Veneto Moreno De Col – non fa che convincere ancor di più a ragionare in termini di filiera unica perché gli aumenti purtroppo interessano tutte le categorie: dai produttori agricoli, all’artigianato, alla ristorazione, e ovviamente si ripercuoteranno sul consumatore finale che difficilmente riuscirà a far fronte ad una situazione davvero insostenibile e sarà costretto a limitare i propri acquisti. Solo quindi restando uniti e ragionando secondo una visione comune si potrà pensare di far fronte a questa situazione che si aggiunge a due anni di pandemia. La risposta dovrebbe concretizzarsi in un ‘agrifood recovery fund’ per attivare aiuti straordinari e per raggiungere una autonomia alimentare almeno a livello europeo, oltre che incentivare tutte le risorse nazionali a disposizione.»
«La crisi ucraina – aggiunge il Segretario CNA Veneto Matteo Ribon – ha messo in luce quanto si dipenda dall’estero per le materie prime alimentari che sono certamente indispensabili alla nostra economia di filiera. Dobbiamo ripensare un modus operandi che era realtà assodata degli ultimi decenni in nome di un cambio di prospettiva sempre più volto alla riappropriazione di spazi agricoli e commerciali che erano delegati alle importazioni. Lo vediamo con le energie e lo stiamo toccando con mano anche per i prodotti dell’agroalimentare che sostengono migliaia di micro e piccole imprese artigiane. Ci uniamo alla Regione Veneto nel sostenere il decreto salva filiere Made in Italy che deve tradursi in una autonomia decisionale per raggiungere la sovranità alimentare.»