La guerra dei dazi. Il 12 luglio 2025, l’amministrazione Trump ha annunciato l’introduzione di dazi doganali del 30% su molte esportazioni europee, in vigore dal 1° agosto. Si tratta di una misura che riapre ufficialmente la cosiddetta “guerra dei dazi”, con effetti potenzialmente devastanti per l’export italiano, in particolare per il comparto manifatturiero e per le micro e piccole imprese.
L’obiettivo dichiarato dagli Stati Uniti è ridurre il deficit commerciale, proteggere la produzione interna e correggere squilibri nei rapporti economici con l’Europa. Tuttavia, la strategia adottata appare frammentata, con continui cambi di direzione che generano grande incertezza nei mercati. Negli ultimi mesi, sono stati imposti dazi universali del 10%, poi aumentati al 20% e infine al 30%, colpendo in modo selettivo settori chiave come automotive, agroalimentare, acciaio, alluminio e farmaceutica. A queste misure si aggiungono pressioni bilaterali e tariffe punitive verso singoli Paesi, come Brasile e Spagna, che rischiano di minare la coesione della politica commerciale europea.
L’Italia è tra i Paesi più colpiti
Gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato per l’export italiano, con un valore che ha raggiunto i 64,7 miliardi di euro nel 2024. Questa cifra equivale al 10,4% del totale delle esportazioni italiane e al 2,9% del PIL nazionale. Il peso dell’Italia è comparabile a quello della Germania, ma a differenza di quest’ultima, la struttura produttiva italiana è composta in larga parte da micro e piccole imprese, che risultano maggiormente vulnerabili a misure protezionistiche di questo tipo.
Secondo una ricerca di CNA, i settori più esposti sono quelli storicamente trainanti del Made in Italy: la meccanica rappresenta il 19,8% dell’export verso gli USA, seguita dalla farmaceutica con il 15,5%, dai mezzi di trasporto con il 12,3% e dal comparto agroalimentare con l’11,9%. Anche la moda e l’abbigliamento, che coprono l’8,6%, e le altre manifatture di qualità come mobili, gioielli e occhiali, che assorbono un ulteriore 7,8%, sono fortemente a rischio. Le aziende attive nella metallurgia, con il 5,8%, non sono da meno.
Le micro e piccole imprese sono le più esposte
Secondo le stime di CNA, le micro e piccole imprese italiane esportano ogni anno circa 9 miliardi di euro verso gli Stati Uniti, pari al 14% dell’export manifatturiero nazionale destinato al mercato americano. In alcuni comparti strategici, come l’abbigliamento, l’arredamento e l’agroalimentare, la quota riconducibile alle PMI supera rispettivamente il 30%, il 26% e il 20%. Anche in settori ad alta specializzazione, come la meccanica e le ceramiche, il peso delle piccole imprese è superiore al 17%.
A rendere ancora più critico il quadro è la profonda integrazione delle filiere. Molte grandi aziende esportatrici italiane si appoggiano a una rete di subfornitori composta da microimprese, artigiani e officine specializzate. L’impatto dei dazi, dunque, non si limita alle imprese che vendono direttamente negli USA, ma colpisce l’intero ecosistema produttivo, a partire proprio dalle realtà più piccole e più esposte agli shock internazionali.
La situazione in Veneto
Insieme a Emilia-Romagna e Lombardia, il Veneto è tra le regioni italiane con il più alto tasso di esportazioni verso l’estero.
Secondo le stime più recenti, la nostra Regione potrebbe affrontare un impatto meno critico rispetto ad altre aree del Paese, grazie alla natura delle merci esportate.
Il Veneto, infatti, si distingue per l’export di prodotti che non rientrano tra quelli maggiormente colpiti dai dazi internazionali. Tra i settori trainanti troviamo strumenti e forniture mediche e dentistiche, ma soprattutto l’occhialeria, vero e proprio fiore all’occhiello del nostro territorio, sinonimo di eccellenza manifatturiera e innovazione.
Le contromisure: serve una risposta coordinata
Di fronte a questa nuova fase della guerra commerciale, l’Italia e l’Europa devono muoversi con urgenza. Occorre una risposta unitaria, che tuteli gli interessi comuni e impedisca accordi bilaterali separati con gli Stati Uniti, che finirebbero per dividere ulteriormente il fronte europeo. Allo stesso tempo, è fondamentale che il governo italiano e le istituzioni regionali sostengano le imprese con politiche concrete.
Le priorità dovrebbero essere la diversificazione dei mercati di sbocco, il rafforzamento della competitività attraverso l’innovazione e l’efficienza produttiva, e il sostegno all’internazionalizzazione delle PMI. Anche strumenti di difesa commerciale multilaterale andrebbero potenziati per tutelare il Made in Italy da pratiche discriminatorie.
CNA continuerà a vigilare sull’evoluzione della situazione e a rappresentare gli interessi delle imprese italiane, chiedendo con forza politiche mirate per difendere il nostro export, la qualità delle produzioni e il lavoro delle piccole imprese.