I buoni e i cattivi dell’Agroalimentare

Chi sta guadagnando sulle tavole degli italiani?

Le prospettive di crescita economica sono influenzate dal caro-energia, dall’incremento dei prezzi dei prodotti alimentari e dalla riduzione dei consumi da parte delle famiglie con un’inflazione stimata dell’8%. La filiera agroalimentare è uno dei settori più colpiti dalla situazione di caro-energia che la guerra in Ucraina sta continuando a peggiorare. Uno tsunami che si è abbattuto a valanga sulle aziende con rincari per gli acquisti di concimi, imballaggi, gasolio, attrezzi e macchinari che stanno mettendo in crisi i bilanci delle imprese.

Quando si parla di “tempesta perfetta” si vuole evidenziare che all’attuale difficile situazione si aggiunge quanto determinato dalla pandemia che ha costretto molte aziende a ridurre al minimo la propria attività o le ha obbligate a stare chiuse.

Eppure, in questa situazione c’è chi pensa che l’aumento dei prezzi sia frutto di speculazioni, di presunti “cartelli fra imprese” e che quindi le piccole imprese rivedano i propri listini non perché costrette da una situazione internazionale che non ha confronti con quanto accaduto negli anni precedenti.

Chi sono i “cattivi” che in questo momento stanno guadagnando, per non dire speculando, sulle tavole degli italiani?

Siamo la nazione con il più bel caleidoscopio di profumi, colori e gusti nell’ambito Agroalimentare e chi è che sta tarpando le ali a quella miriade di aziende (nell’ambito artigianale più del 60% dei marchi ed etichette a scaffale) che sono fautrici di questo saper fare?

Tra i tanti “dracula” in circolazione spiccano le GDO, o comunque le catene di distribuzione, che non hanno accettato, se non in minima parte, gli aumenti proposti dai produttori, anzi, qualcuno ha chiesto il premio sull’incremento vendite tra il 2020 e il 2021.

Se aumentano farine pane e pasta, latte di chi è la colpa? I mulini: sempre accusati di potenziale cartello sui prezzi delle farine senza che qualcuno abbia mai svolto una verifica seria in tal senso. Anzi gli stessi sottolineano che il fenomeno è probabilmente ristretto ad alcune situazioni specifiche ma non diffuso come comportamento speculativo. Inoltre suggeriscono un loro coinvolgimento nella contrattazione con la grande distribuzione: prima di chiudere un contratto bisognerebbe interpellare i mulini di riferimento in modo che il potenziale contrattuale sia più forte.

È un momento difficile e non si può pretendere di avere margini pre-pandemia, i costi energetici stanno sfiancando qualsiasi comparto produttivo. È necessario superare, almeno temporaneamente, la politica ‘mors tua vita mea’.

Il comparto dei produttori e trasformatori nell’ambito Agroalimentare è stretto tra la pressione esercitata dagli aumenti energetici e delle materie prime e il contenimento dei prezzi alla vendita.  Allo stesso non viene neanche riconosciuta la funzione sociale, cioè quella di detenere il maggior numero di contratti di lavoro senza riversare (perché è ovviamente impossibile) sul prodotto tutti i costi subiti.

Va sottolineato come le nostre imprese subiscano un’inflazione all’acquisto non ancora scaricata sui prezzi di vendita di almeno 6/7 punti, anche per la forte opposizione della GDO, ma questa è una situazione che non potrà durare per lungo tempo.

Gli aumenti sono al di sotto dell’inflazione e ben inferiori agli aumenti che le aziende agroalimentari hanno subito per l’acquisto di film plastici, etichette autoadesive, cartone, vetro, imballaggi, prodotti aumentati in genere di almeno il 25%, mentre i costi energetici in alcuni casi sono triplicati.

Gli artigiani e le piccole imprese che lavorano per la GDO non vedono riconosciuti gli aumenti richiesti se non per un massimo del 3-5%. Questo significa che il rischio chiusura è alto, perché la situazione non tenderà a migliorare nel breve periodo.

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