Guerra tra Russia e Ucraina: crisi per l'Agroalimentare veneto

Guerra tra Russia e Ucraina: crisi per l’Agroalimentare veneto

L’allarme di CNA Veneto: rilanciare i grani italiani

Il Veneto ce l’aveva fatta. Tra gennaio e settembre 2021 le esportazioni avevano fatto segnare un +18,7% rispetto ai primi nove mesi del 2020. La Regione, secondo l’Osservatorio Economia e Territorio condotto dal Centro Studi Sintesi, aveva recuperato ampiamente quanto perso nel 2020: infatti, il valore dell’export nei primi tre trimestri del 2021 risultava superiore del 6,3% al dato riferito allo stesso periodo del 2019.

In uno scenario di ritrovato ottimismo anche per l’evolversi della situazione pandemica, la crisi Russia-Ucraina che in questi giorni è sfociata in una vera e propria invasione militare, si ripercuote in maniera molto grave e preoccupante sull’economia Veneta, in particolare per quanto riguarda il comparto agroalimentare.

Ucraina: una crisi importante per import ed export italiano

L’Ucraina è il  granaio dell’Europa. Il nostro Paese acquista dall’Ucraina oli grezzi di girasole, mais e frumento tenero. Soprattutto per quanto riguarda il mais, l’Ucraina è il nostro secondo fornitore dopo l’Ungheria, con una quota superiore al 20% sia in volume che in valore. Inoltre, l’Italia, secondo i dati Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), è il secondo fornitore di prodotti agroalimentari, dopo la Polonia, con una quota del 7% pari a 415 milioni di euro nel 2020.

La situazione preoccupa nel Nordest perché, secondo il Report Istat sulle coltivazioni cerealicole 2021, tra il 2010 e il 2019 le superfici cerealicole rispetto al complesso delle superfici a seminativi scende dal 42,1% al 33,3%. Nello specifico, per quanto riguarda il mais, risultano significative le riduzioni di superficie subito dopo la Lombardia, che nel Veneto che passa da 229 mila ettari nel 2010 a 154 mila ettari nel 2020. In dieci anni, a livello nazionale, il calo della superficie a mais è stato del 35%. Come Paese non siamo autosufficienti e ci allontaniamo sempre di più da questo obiettivo.

Secondo i recenti dati Unioncamere, il Veneto nel 2019 ha esportato verso l’Ucraina per 302,9 milioni di valore totale, lo 0,5% dell’export regionale in crescita del 31,3% rispetto al 2009; mentre 469,3 milioni è il valore delle importazioni dall’Ucraina nel 2019, l’1% dell’import regionale, in crescita del 111,8% rispetto al 2009 (macchinari, elettrodomestici, prodotti chimici). Sempre secondo i dati elaborati dal Centro Studio di Unioncamere del Veneto, l’export del 2021 in Ucraina vale 253 milioni di euro.

Russia e conseguente embargo sono il vero problema

Se i rapporti commerciali del Veneto con l’Ucraina sono importanti, quelli con la Russia sono essenziali: per i rifornimenti di energia e gas; per il turismo; ma anche per l’agroalimentare.

Sempre secondo i dati Unioncamere, il valore totale delle esportazioni verso la Russia per  macchinari, abbigliamento e mobili (Made in Italy) è stata di 1,3 miliardi nel 2019, pari al 2% dell’export regionale, in crescita del 21% rispetto al 2009; mentre il valore delle importazioni nel 2019 è stato di 324 milioni, pari allo 0,7% dell’import regionale, in crescita del 79,6% rispetto al 2009. Il saldo commerciale dell’anno è positivo è pari a 983,6 milioni di euro.

Secondo l’ultima elaborazione Intesa Sanpaolo S.p.A, tra gennaio e settembre 2021, i distretti produttivi veneti hanno trattenuto rapporti commerciali per un valore di 466 milioni di euro con la Federazione russa, dimostrando che la Russia è l’ottavo mercato e in aumento del 12,6 rispetto al 2020.

Il Veneto, è dunque una regione votata all’export: assieme a Lombardia ed Emilia-Romagna alimenta quasi il 60% degli scambi nazionali; i suoi prodotti DOP, con un valore della produzione pari a 3.699 miliardi di euro, la incoronano prima regione per fatturato, con cibo e vino (XIX Rapporto Ismea-Qualivita), gran parte della quale viene esportata. Ed è proprio uno di questi prodotti, il Grana Padano, assieme a tante altre specialità alimentari che sarà penalizzato da ulteriori sanzioni UE e USA alla Russia. Sanzioni che si andranno ad aggiungere a quelle del 2014, quando già l’agroalimentare fu il settore più colpito dalle sanzioni e dall’embargo russo. Tra gennaio e settembre 2014, infatti, l’agroalimentare veneto verso la Russia aveva subìto una flessione del -11% (Unioncamere Veneto 2015). Ad essere colpiti soprattutto formaggi, salumi e ortaggi. Ed è quanto purtroppo andrà ad ripetersi con ogni probabilità in conseguenza alle sanzioni che previste dai Paesi UE.

«La difficile congiuntura economica già molto provata dai due anni di Covid  – commenta Moreno De Col Presidente CNA VENETO – aveva già purtroppo provocato aumenti nel costo delle farine e del grano a causa di speculazioni sui mercati internazionali che CNA Veneto sta da tempo attentamente monitorando. A questa situazione, già preoccupante, si aggiunge oggi la questione Russia-Ucraina: condanniamo ogni azione bellica e siamo fortemente allarmati per l’evolversi di questa crisi e per l’impatto sulla situazione umanitaria. Siamo inoltre consapevoli che questa crisi andrà a ripercuotersi sulla nostra economia sia per l’import che per l’export, andando a pregiudicare una ripresa che il Veneto stava già con grande impegno cavalcando. Nell’ultimo anno il costo del frumento duro è aumentato del 9,9% e il prezzo di quello tenero del 17,7%. CNA Veneto prevede fortissime ripercussioni sull’intero comparto e per le filiere collegate che si riverseranno senza dubbio sui lavoratori e sulle famiglie.»

Il frumento: gli aumenti già causati da speculazioni dei mercati e dalla pandemia

Secondo i dati forniti a CNA dall’Ismea, nel mese di dicembre 2021 il frumento tenero nazionale è arrivato a 325,63 euro/t, una quotazione record che non si raggiungeva dal 1993. Il prezzo del frumento duro nazionale salito a 504,51 euro/t a dicembre 2021, costo record degli ultimi 29 anni a causa del crollo della produzione canadese, primo produttore ed esportatore, per la siccità che ha ridotto del -59,6% i raccolti sul 2020 e del -40,2% delle scorte; in calo anche i raccolti e le scorte degli USA che hanno registrato un -40% circa, in entrambi i casi.

«Le conseguenze di queste situazioni internazionali – sottolinea Matteo Ribon, Segretario CNA Veneto – hanno determinato un aumento dei costi dei prodotti tipici del Made in Italy, quali pane e pasta, e le famiglie in media già spenderanno 300 euro in più all’anno. Il problema è che come Paese non siamo autosufficienti. Con la riduzione delle scorte mondiali e le inevitabili conseguenze delle sanzioni che i Paesi UE imporranno alla Russia a causa dei recenti gravissimi avvenimenti, la situazione non potrà che peggiorare. A maggior ragione, dunque, l’Italia può e deve giocare un ruolo fondamentale rilanciando i grani italiani».

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