Se c’è un legame con il territorio dello Stato membro che lo ospita, allora ci può essere un distacco. Anche nel caso in cui un autista faccia trasporti internazionali (non di transito) o semplici operazioni di cabotaggio. Ma come va individuata questo legame? Anche agli autisti impegnati in trasporti internazionali o in operazioni di cabotaggio si può applicare l’istituto del distacco previsto dalle direttive comunitarie, fatte eccezioni nei casi di esclusivo transito di un territorio di un paese. È la conclusione a cui è giunta la Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C-815/18, in cui era chiamata a giudicare il ricorso proposto da un’organizzazione sindacale dei Paesi Bassi nei confronti di un’azienda di trasporti olandese. Nel caso di specie i presunti distaccati erano autisti provenienti da Germania e Ungheria, che lavoravano sulla base di contratti di noleggio relativi a trasporti internazionali, conclusi tra un’impresa di trasporto di Erp (Paesi Bassi), e due società, l’una tedesca e l’altra ungherese, appartenenti allo stesso gruppo. In genere, il noleggio partiva e si concludeva a Erp, ma la maggior parte dei trasporti si svolgeva al di fuori del territorio dei Paesi Bassi. La federazione sindacale olandese (FNV) citava in giudizio questa società perché laddove si avvaleva di autisti tedeschi e ungheresi avrebbe dovuto applicare le condizioni di lavoro di base del CCL «trasporto di merci», cosa che invece non faceva. Il tribunale di primo grado le dava ragione, ma non quello di appello, il quale riteneva che i noleggi in questione non rientrassero nell’ambito di applicazione della direttiva sul distacco dei lavoratori, dal momento che tale direttiva riguarda solo i noleggi effettuati per lo più «nel territorio» di un altro Stato membro. A quel punto la Corte suprema dei Paesi Bassi, a cui si era rivolta la FNV, ha sottoposto alla Corte di Giustizia UE una serie di questioni pregiudiziali relative proprio alle modalità con cui è possibile al verificarsi di alcune condizioni sostenere che ci si trova davanti a un distacco di lavoratori «nel territorio di uno Stato membro». La Corte ha risposto che, per ritenere un lavoratore distaccato nel territorio di uno Stato membro terzo ospitante, il suo lavoro deve stabilire un legame con questo territorio. E che per verificare se effettivamente ci sia tale legame vanno considerati diversi elementi, quali per esempio la natura delle attività svolte, il grado di intensità del legame di quanto fa il lavoratore con il territorio dello Stato e, in particolare per i conducenti di camion, bisogna controllare anche la parte che queste attività rappresentano rispetto all’insieme del servizio di trasporto. E qui il riferimento fornito dalla Corte è alle operazioni di carico e scarico di merci o alla manutenzione e pulizia dei veicoli, laddove sia effettivamente l’autista a metterle in atto.
CNA Fita segnala che è chiaro quindi che in caso di trasporti di solo transito o transfrontalieri non ci sarà il legame con il Paese ospitante e quindi nemmeno il distacco, mentre sarà più facile rinvenirlo in quelli di cabotaggio. Non conta, specifica la Corte, quanto duri il trasporto di cabotaggio, anche se può essere comunque riconosciuta agli Stati membri la possibilità di disapplicare alcune norme sul distacco, in particolare rispetto al minimo retributivo, se il distacco non è superiore al mese. La Corte, poi, aggiunge che gli Stati membri fanno in modo che le imprese assicurino ai lavoratori distaccati le condizioni occupazionali determinate dai contratti collettivi, quelli cioè che devono rispettare tutte le imprese situate nell’ambito di applicazione territoriale e nella categoria professionale o industriale interessate.
Corte UE: «Il distacco è applicabile anche agli autisti impegnati in trasporti internazionali»
In caso di trasporti di solo transito o transfrontalieri non ci sarà il legame con il Paese ospitante