Mezzo miliardo di euro. A tanto ammonta, all’incirca, il giro d’affari dei Dolci di Carnevale. Un mercato in costante aumento cresciuto quasi del 25% circa nell’arco di cinque anni. A rilevarlo una indagine condotta da CNA Agroalimentare tra i suoi iscritti di tutta Italia. Una voglia di festeggiare, quindi, che rimane prepotente negli italiani nonostante l’orientamento sempre più diffuso nelle famiglie, complice il confinamento e la crisi, a dedicarsi alla cucina. Evidentemente, però, non è vero che a Carnevale ogni frittella vale.
Un Carnevale quello di quest’anno, che a causa del Covid ha comunque segnato il passo in maniera differente a seconda dei territori e dei paesi, ma con un unico denominatore: i dolci della tradizione piacciono sempre, sia in queste settimane di festa che durante tutto l’anno. Dai galani veneziani – frappole in Liguria, ciarline in Emilia, fiocchetti in Romagna, crostoli in Friuli Venezia Giulia – nelle varie declinazioni, fritte della tradizione, al forno per i salutisti, magari bagnate nella cioccolata fusa per i goduriosi che secondo le stime di CNA Agroalimentare da sole valgono tra il 40 e il 50% del ricco mercato dei Dolci di Carnevale. Ma soprattutto emerge la cucina del territorio nella sua estrema varietà, con particolare attenzione alle contaminazioni tra tradizioni culinarie di varie regioni.
Ma come è andato questo Carnevale dal punto di vista della pasticceria artigiana veneta?
«Se è vero che i dolci continuano ad essere apprezzati sulle tavole degli italiani e dei veneti è vero anche che una lieve flessione del comparto si era già registrata prima del Covid – afferma Andrea Tonolo titolare di una storica pasticceria nel miranese –. Ovviamente il Covid è stato una disfatta per il nostro comparto, a causa del lockdown lo scorso anno che di fatto ha costretto a registrare un calo del 80% del fatturato. Anche se questo Carnevale che si sta per concludere ci ha consentito, almeno nel nostro caso, di respirare una boccata di ossigeno, perché appunto il piacere di acquistare i dolci della tradizione da parte di veneti ha fatto sì che potessimo in parte riprendere la produzione. Ma le difficoltà ci sono, e sono di enorme portata a causa della continua incertezza nella quale gli artigiani del nostro comparto – così come tutto il settore commercio – sono costretti a destreggiarsi: normative che cambiano di giorno in giorno, di ora in ora. Abbiamo ora più che mai necessità di soluzioni e misure certe».
Si può intravedere uno spiraglio di luce in tutta questa situazione?
«Dal canto nostro ci diamo da fare. Personalmente, ed è una soluzione che ho già visto in altre realtà simili alla mia – prosegue Andrea Tonolo – visto che la vendita delle tradizionali frittelle è andata tutto sommato bene, ci stiamo attrezzando per proseguire la produzione almeno fino alla Festa del Papà, il prossimo 19 marzo. Magari integrando la nostra produzione anche con i dolci tipici di altre regioni, come le Zeppole di San Giuseppe. Il Carnevale quest’anno di fatto non c’è stato: perché dunque non prolungargli la vita continuando a proporre i nostri dolci tipici per regalare ai veneti dolcezza un po’ più a lungo?»
Alle spalle delle Chiacchiere, ormai diventate il dolce nazionale di Carnevale, eccezion fatta per il diverso modo di chiamarle, emerge la cucina di territorio nella sua estrema varietà. Tra i prodotti più venduti si piazzano i tortelli (Lombardia e altre aree del Nord), gli strufoli o struffoli (in tutto il Mezzogiorno, con qualche variante chiamati pignolata in Sicilia), il migliaccio e la graffa a Napoli e dintorni, le castagnole (nel Lazio, nelle Marche e un po’ in tutto il Centro), le fritole veneziane, i galani veneti, il bujarnik friulano.