Sanificazione, il Governo faccia subito chiarezza. “La confusione che si è innescata sul termine sanificazione, contenuto nei recenti provvedimenti del Governo, che sta provocando un vero e proprio cortocircuito normativo e applicativo. Nello specifico, l’incertezza della norma contenuta nel decreto Cura Italia, che prevede un credito d’imposta per le spese di sanificazione degli ambienti di lavoro, comporta per le imprese che hanno necessità di tali interventi ad affrontare costi superflui, essendo indotte, in molti casi, a ricorrere a trattamenti non prescritti dal Ministero della Salute. A lanciare l’allarme è Fabio Fiorot, responsabile Imprese di Pulizia della CNA del Veneto che punta i riflettori sull’esclusione, in giustificata, di migliaia di imprese professionali di pulizia dalle operazioni per il contrasto del coronavirus. “Le prescrizioni contenute nella circolare n. 5443 del Ministero della Salute individuano gli specifici interventi di pulizia e disinfezione necessari ad evitare i rischi di contagio con l’utilizzo di appositi prodotti. Si tratta di attività abitualmente svolte dalle imprese professionali del settore delle pulizie e non solo da imprese abilitate alla sanificazione”.
Secondo un monitoraggio condotta dalla CNA del Veneto emerge come rispetto alla platea totale delle imprese di pulizie e del comparto che avrebbero la possibilità e la capacità di lavorare su pulizia e disinfezione quelle che sono autorizzate alla sanificazione sono solo il 3 per cento (84 su 2864). A questa percentuale si aggiunge un 7 per cento di imprese che hanno potuto ottenere l’abilitazione alla sanificazione perché congiunta all’attività di disinfestazione e derattizzazione. “Quello delle imprese di pulizia rappresenta un comparto importante fatto da 2684 imprese che impiega circa 35mila 381 addetti. Se quindi quelle autorizzate con il patentino rappresentano solo il 3 per cento è evidente che migliaia di imprese professionali di pulizia sono escluse dalle operazioni di contrasto al coronavirus”, chiude.