TAXI: “Tuteleremo sempre e ovunque i modelli d’impresa che rappresentiamo”.

Il testo del Ddl concorrenza, dopo il via libera della Commissione Industria al Senato, è pronto ad andare in aula lunedì 30 maggio 2022 per l’approvazione: resta il “nodo” che prevede la riforma del trasporto pubblico non di linea, ovvero del servizio di taxi e Ncc. L’intero settore, infatti, è ufficialmente in stato di agitazione da ormai diversi giorni e la situazione, se il Governo dovesse tirare dritto per la propria strada, rischia di farsi ancor più calda nelle prossime ore. A scatenare le ire dei tassisti è stato l’inserimento nell’articolo 8 del Ddl di alcune disposizioni definite dagli operatori «irricevibili», specie quelle riguardanti, come si legge nel testo, «la promozione della concorrenza, anche in sede di conferimento delle licenze, al fine di stimolare standard qualitativi più elevati». Una formula, quella della «promozione della concorrenza», che secondo la quasi totalità delle sigle del settore (compresa Cna Taxi) nasconderebbe null’altro che l’ennesimo tentativo di liberalizzare un servizio pubblico al solo fine di lasciar entrare all’interno del mercato delle licenze i grandi gruppi multinazionali. Una privatizzazione sostanziale, insomma, del lavoro degli operatori taxi, i quali sarebbero costretti a sostenere una lotta impari contro i grandi colossi del capitale italiano e internazionale. I tassisti chiedono lo stralcio dell’articolo 8 nella sua totalità.

Riportiamo di seguito il testo del comunicato congiunto del 25 maggio 2022 CASARTIGIANI SNA, CNA FITA TAXI, CONFARTIGIANATO TAXI, CONFCOOPERATIVE LAVORO E SERVIZI, LEGACOOP SERVIZI

“Siamo pronti alla mobilitazione e in questi giorni definiremo le date di un fermo e di ulteriori iniziative da mettere in campo per salvaguardare il comparto. Ci sono diversi motivi. Il primo riguarda la discussione (ovvero mancata discussione) sull’articolo 8 del ddl concorrenza. A più riprese e in tutte le sedi abbiamo chiesto lo stralcio o interventi in coerenza con quanto avevamo discusso negli anni passati (REN con targhe professionali e inquadramento piattaforme) il risultato è stato un assoluto disinteresse da parte del Governo con continui rinvii della discussione a data da destinarsi. Discussione che a questo punto rischia di non esserci. Le dichiarazioni del Presidente del Consiglio rispetto l’ipotesi di adottare a breve la fiducia sul ddl concorrenza rappresentano una chiara tendenza dell’esecutivo ad esautorare i contropoteri e i bilanciamenti previsti nel nostro ordinamento. La questione non è solo di contenuti, ma di metodo. Nel nostro caso, chiedere la fiducia su una delega in bianco non è dissimile a ciò che viene fatto nei paesi in cui regna il totalitarismo assoluto. Ricordiamo che l’esercizio della funzione legislativa può essere delegato al Governo ma solo rispettando alcuni principi e già oggi la formulazione dell’articolo 8 non pare rispettare l’articolo 76 della Costituzione:

“L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato [cfr. art. 72 c. 4] al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.” La delega è assolutamente in bianco, aspetto sottolineato a più riprese da noi ma anche dalle Regioni e dai Comuni e se venisse concessa attraverso una fiducia sarebbe gravissimo. Per chi non lo sapesse, siamo tra i fondatori della legge 21/92, legge lungimirante e ancora attuale su molti punti, sentiamo la responsabilità di salvaguardare ora come allora il comparto. Arrivati a questo punto sarebbe anche il caso che si definissero alcune semplici regole del gioco: le discussioni che intervengono direttamente sulla vita delle aziende artigiane taxi, dei tassisti, delle cooperative o consorzi, di tutti i loro dipendenti, e di coloro che operano indirettamente nel settore, non possono essere discusse in qualche salotto con chi non rappresenta nulla, ma fa lobbying cercando di garantirsi interessi economici privati. Le piattaforme tecnologiche non hanno nulla a che vedere con le logiche del servizio pubblico. Non garantiscono trasporti e prezzi a soggetti deboli, non applicano concetti di clientela indifferenziata, ma molto semplicemente si basano sulla legge della domanda e dell’offerta, contando sul marketing, sulla distribuzione globale del loro strumento, ottenuto con regalie di servizi pagati da investitori, sul disequilibrio di mercato durante i picchi di domanda, in cui possono far pagare i servizi 4/5 volte il loro costo e sull’intercettare clientela straniera ignara che i servizi hanno prezzi calmierati a loro tutela.

Un mondo dove le persone che devono andare in ospedale, abitano in zone a bassa domanda, si muovono per bisogno, verranno progressivamente marginalizzate e costrette a pagare a prezzo carissimo i servizi. Un modo su misura per arricchire poche persone, in cui gli operatori diventeranno degli schiavi, non appena queste piattaforme gestiranno la maggior parte della domanda, creando forzatamente una posizione dominante di mercato. Sono questi i motivi per cui anche in Europa si è aperta una discussione per definire una direttiva che impedisca simili comportamenti, ormai è evidente che se esiste una certezza, è che la Gig Economy, la cosiddetta economia dei lavoretti, tende a creare precariato per massimizzare i profitti. Cooperazione e Artigianato rappresentano altri valori e un diverso modo di operare.

La cooperazione nasce con l’obiettivo di valorizzare il lavoro e non i capitali, l’artigianato è una delle prime forme di lavoro della storia, artigianato che tutt’oggi rende l’Italia un paese competitivo. L’importanza dell’artigianato e della cooperazione è tale che gli stessi padri fondatori, nella costituzione (art.45), ne prevedono l’obbligo di promuoverli e tutelarli per legge. Riteniamo sia questo il momento di restare uniti e aggregare le strutture cooperative italiane in una piattaforma nazionale che possa fare rete con le tante strutture di tassisti che stanno nascendo all’estero piuttosto che sottoscrivere accordi con piattaforme tecnologiche di mera intermediazione che non hanno a cuore nessun interesse pubblico ma perseguono esclusivamente la massimizzazione del profitto. Per questo la nostra posizione sulle piattaforme tecnologiche, resta quella già espressa nel “Documento Fiesole” del 1° settembre 2020, condiviso con diverse associazioni nazionali di categoria, con i gestori delle quattro applicazioni lato clienti maggiormente diffuse in Italia e con 49 radiotaxi italiani. L’intermediazione non può essere uno strumento libero di operare in un settore regolato per interesse pubblico, dove gli unici ad avere regole stringenti e rischiare capitali e futuro sono i tassisti e i loro radiotaxi. Artigianato e cooperazione continueranno a tutelare e promuovere i propri modelli d’impresa sempre e ovunque”.

Le citate Associazioni scrivono inoltre al Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi (vedasi allegato).